Intervista a Lorenzo
Lorenzo viene da Roma ed è un ricercatore in biologia che lavora sulla rigenerazione muscolare. Dopo aver completato la laurea magistrale a Roma ha ottenuto un dottorato a San Diego. Al termine del dottorato si è trasferito in Francia e ha vissuto alla Maison de l’Italie dal 2015 al 2016. Oggi alloggia invece in un appartamento nelle vicinanze di Place d’Italie e prosegue la sua carriera lavorativa a Parigi.
Vivere con studenti in brassage, ti ha aiutato in qualche modo nelle relazioni sociali ed è stato per te uno stimolo per conoscere nuove culture?
Percepisco piuttosto una sensazione di continuità rispetto alla mia esperienza precedente: non mi sono trasferito qui direttamente dall’Italia, ma da San Diego, in America, dove ho trascorso gli ultimi cinque anni del dottorato di ricerca in biologia.
Trovi ancora attuale l’idea che in origine ha dato impulso alla realizzazione del progetto della Cité Universitaire, ovvero la costruzione di uno spazio in cui le élites mondiali avrebbero potuto apprendere attraverso la convivenza il rispetto per la diversità e la tolleranza reciproca?
Credo che questo sia tutt’ora valido dal momento in cui molte culture diverse vengono a contatto e anche l’intento pacifista rimane immutato perché spesso la paura dell’altro esiste poiché manca la conoscenza dell’altro. Qui c’è un alto numero di studenti provenienti da tutto il mondo e questo permette uno scambio e uno spirito di fratellanza che si creano soprattutto in situazioni non formali, come le attività di gruppo organizzate alla Cité, le feste, le serate, i concerti… è lì che è possibile creare dei legami al di fuori dell’ambiente lavorativo che sono facilitati dalla convivenza nello stesso luogo fisico. Da un certo punto di vista, quest’apertura all’altro è data anche dal programma erasmus, che è un modo per formare una cultura europea e fare in modo che le prossime generazioni siano in grado di interfacciarsi tra di loro superando stereotipi e contrasti. Credo sia un esperimento abbastanza unico e riuscito.
Hai trovato delle differenze rispetto ai campus che hai potuto frequentare negli Stati Uniti?
A San Diego vivevo nella zona limitrofa al campus, che comunque era molto abitata da studenti. Dall’idea che mi sono fatto, l’atmosfera era in realtà molto diversa rispetto a quella che si respira alla Cité. Il campus americano è in genere strutturato in modo molto diverso, ci sono ristoranti, bar, cinema, palestre, negozi: in un certo senso, chi vive all’interno può non avvertire la necessità di uscirne, è un sistema autosufficiente. Quello che mi piace alla Cité è che rappresenta un universo particolare e non del tutto distaccato dalla città di Parigi. Trovo molto affascinante il fatto che ci siano maisons costruite in diversi stili e in periodi diversi.