Miguel Gotor, politico, storico e saggista italiano, insegna Storia moderna all’Università di Torino, ha collaborato con le rubriche politiche e culturali de “La Repubblica” e dal 2013 è stato eletto senatore con il Partito Democratico. Nel 2017 è stato tra i fondatori del nuovo soggetto politico “Articolo 1 Movimento democratico e progressista”.
Ho soggiornato presso la Maison du Japon nel 1993-1994, quando avevo 22 anni e frequentavo la Facoltà di Lettere a “La Sapienza” di Roma. Fui scelto per una borsa Erasmus e, insieme con un amico, facemmo domanda alla Cité Universitaire, attratti dall’ambiente cosmopolita e dallo stile di vita di un campus studentesco.
Ho uno straordinario ricordo di Parigi e di quel periodo. Mi sono trovato molto bene alla Maison du Japon conoscendo uno stile di vita e delle personalità che hanno allargato e arricchito il mio sguardo sul mondo. Passavo la più parte del tempo in città, presso la Bibliothèque Nationale di Rue de Richelieu, per preparare la mia tesi di storia, ma ricordo anche di avere preparato due annualità di letteratura latina studiando per svariati mesi tra le vetrate trasparenti della Maison d’Allemagne Heinrich Heine, che si affacciavano sul parco della Cité. La sera andavamo alle feste che venivano organizzate dalle varie Maison, ricordo in particolare quelle della Fondation Etats-Unis.
Sono ancora in contatto con François-Xavier, un ragazzo di origini franco-svizzere, che conobbi alla Maison du Japon. Non ci siamo mai persi di vista e ogni tanto ci scriviamo per raccontarci delle nostre vite. E’ venuto al mio matrimonio nel 2005 e ci siamo incontrati svariate volte tra Roma e Parigi. Avevamo la vita davanti, con le irrequietezze e le speranze che ciò comporta. C’era un’atmosfera sospesa d’attesa e di scoperta, arricchita dalla consapevolezza che quella, proprio quella, era la tua giovinezza e che non ce ne sarebbero state altre. Mi sono divertito, almeno nel ricordo che ne conservo. La selezione del tempo e della memoria ha lasciato questa sensazione di libertà e di tenerezza.
Ricordo che fui scelto per trascorrere una settimana presso l’Ile de Brehat in Normandia, dove c’era una maison estiva della Cité internationale. C’era Kim, un ragazzo danese, e una ragazza greca. La maison si trovava nella parte meno abitata dell’isola, vicino a un faro. Abbiamo mangiato tantissimi granchi che catturavamo seguendo il ciclo delle maree e che, in quanto italiano, ero incaricato di cucinare con tutti i tipi di pasta possibili.
Gli aneddoti sono tanti e ancora impressi nella mia memoria. Su tutti ricordo il rapporto con Akiko, la studentessa giapponese, mia dirimpettaia alla maison du Japon. Era molto timida e amava tantissimo l’Europa e in particolare la cultura italiana. Dormiva di giorno e studiava di notte e quando io rientravo nella maison divideva con me il riso con le alghe che si era cucinata e passavamo il tempo a parlare del Giappone e dell’Italia. L’ho persa di vista, ma è rimasta indissolubilmente legata a quel periodo.
Alla Cité ho imparato il francese e ad amare la Francia. Non ci sono state ricadute dirette sulla mia esperienza professionale futura, ma credo che gli obiettivi culturali e civili dell’Erasmus nel mio caso siano stati felicemente raggiunti.