Sergio Benvenuto è uno psicanalista, filosofo e scrittore italiano. E’ Primo Ricercatore presso l’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC) del CNR di Roma, Professor Emeritus di Psicoanalisi presso l’Istituto Internazionale di Psicologia del Profondo di Kiev e ha fondato e diretto nel 1995 l’European Journal of Psychoanalysis.
Sono stato residente alla Maison d’Italie tra il 1970 e il 1973 (se non erro, andai via verso giugno del 1973). Un anno in più dei tre anni consentiti perché per un anno fui “clandestino” (non era un’eccezione): ovvero, un amico residente abitava altrove e mi lasciò vivere nella sua stanza. Il direttore era Aldo Vitale; sapeva di queste clandestinità, ma faceva finta di non saperlo.
Ero studente in Psicologia all’Università Parigi 7 (Censier-Jussieu), dove ottenni una maitrise in Psicologia nel 1973, dopo di che andai a vivere a Milano.
L’intera Cité Universitaire all’epoca era dominata dall’atmosfera post-68, per cui fervevano soprattutto attività politiche di estrema sinistra; la Maison d’Italie, assieme a poche altre, era considerata una sorta di quartier generale della “contestation”, insomma un centro particolarmente vivace di attività. La quale si focalizzò per un anno nel salvare dalla chiusura la Maison du Maroc, che all’epoca il re del Marocco voleva chiudere perché era un centro di opposizione politica alla monarchia. Venne anche Jean-Paul Sartre a presiedere un’assemblea di protesta, alcuni fecero sciopero della fame.
Ma ferveva anche l’attività culturale, improntata per lo più alle avanguardie artistiche. Io fui eletto responsabile culturale della Maison per circa un anno, per cui ebbi modo modo di organizzare personalmente attività che ebbero vasta eco in tutta la Cité. La più notevole forse fu l’incontro con Franco Basaglia, all’epoca già famoso in Francia per la sua attività psichiatrica anti-istituzionale. Avemmo jam sessions di free jazz con noti jazzisti americani, proiezioni di film (in particolare di Andy Wahrol), un recital del Living Theatre, mostre d’arte; invitammo una lunga serie di cantanti di musica popolare italiana, allora celeberrimi in Italia (ahimé, i nomi me li sono dimenticati, a parte Giovanna Marini). Le nostre iniziative vedevano la larga partecipazione di studenti di tutte le altre Maisons. Moltissimi dibattiti e seminari politici, dominati di solito dalle correnti trozskiste.
Sono rimasto a lungo amico, per molti anni, di alcune persone che conobbi là.
Talvolta accadevano incidenti per problemi personali e caratteriali, ma mai scontri a carattere politico (che avvennero invece nelle Maisons di Cambogia e Indocina), anche perché chi non aderiva al consensus di estrema sinistra si guardava bene dal manifestare la propria divergenza.
Erano anni in cui la partecipazione anche alle questioni gestionali della Maison era una sorta di dovere morale – “fare politica”, anche nel ristretto ambito di una fondazione per studenti, fu la passione della nostra generazione. Mi chiedo se oggi gli studenti della Maison d’Italie sentano lo stesso bisogno di partecipare.